Adige e Adigetto

Colpisce l’immagine che evocano alcuni storici e geologi definendo “giovane” il fiume Adige. E’ difficile per un auditorio contemporaneo, abituato a concepire il fiume come un unico corso d’acqua importante incarcerato tra due imponenti e compatti argini, immaginare il suo scorrere all’epoca della signoria Scaligera e tantomeno durante l’Alto Medioevo: i primi documenti che menzionano l’Adige, infatti, si riferiscono a una pluralità di corsi d’acqua e va sottolineato che la suddetta moderna definizione era del tutto estranea alla cultura del tempo.

L’uomo ha sempre tentato di domarne le acque, ma grazie alle frequenti e sempre rovinose rotte, il fiume operò notevoli trasformazioni idrogeologiche sulla campagna veronese. La prima inondazione di cui si hanno notizie risale al VI secolo d.C. (rotta della Cucca, presso Veronella). In quell’occasione il corso del fiume si spostò dall’Interrato dell’Acqua Morta, che costituiva il suo alveo principale, per disegnarsi un percorso più rettilineo inoltrandosi così nel nucleo urbano. Per motivi politici e strategici le conseguenze della rotta della Cucca vennero mantenute per secoli a partire dal re Autari che contava di sfruttare l’inaccessibilità del Polesine come deterrente all’invasione bizantina dei territori settentrionali.

All’inizio del decimo secolo avvenne un’altra importante rotta del fiume: nei pressi di un gruppo di case denominato Pizzon, presso Badia Polesine, si venne a creare un nuovo ramo che per la sua portanza prese il nome di Adigetto. Questo evento portò morte e distruzione, ma fece anche la fortuna, a più lungo termine, di Badia, che si venne a trovare sulla nuova via di commercio e di transito tra il centro Europa, la pianura padana e il mare Adriatico. Si vuole qui sottolineare l’importanza delle vie fluviali, ed in particolare dell’Adige, per il commercio e la comunicazione. Le vie di terra, infatti, presentavano percorsi irregolari a causa dell’imprevedibilità delle piene del fiume, ed erano spesso fangose e difficilmente praticabili, rallentando così la viabilità commerciale.

Dell’Adigetto quindi venne sfruttata sia la funzione difensiva (a cavallo tra il XII ed il XIII secolo il Comune costruì la cinta muraria a sud della città proprio in prossimità del corso d’acqua) che la sua funzione commerciale (negli statuti cittadini del XIII secolo la manutenzione dell’Adigetto viene affidata alle corporazioni dei mercanti a testimonianza del loro massimo interesse a mantenerlo efficiente).

La funzione commerciale dell’Adige e la sua importanza per l’economia cittadina si possono evincere dagli statuti veronesi redatti sotto Alberto I che riportano direttive sulla navigazione fluviale, come l’obbligo per i naviganti di gridare per tre volte prima di ogni ansa del fiume al fine i far sgombrare il passo più a valle. Molte arti e mestieri si giovavano della via fluviale, primi fra tutti i radaroli che ricevevano gli alberi come materia prima da Trento e a Verona li lavoravano, per poi inviare i manufatti ottenuti a Venezia. Anche i lanaioli, largamente favoriti dalla politica di Alberto I e la cui arte era molto richiesta anche in altre città, traevano vantaggi dall’Adige, tanto da organizzare le varie fasi di lavorazione dei tessuti direttamente sull’argine del fiume. Il mezzo di navigazione più usato al tempo era la “tansa”: una barca larga ed a fondo piatto che sfruttava agevolmente anche i canali più magri e recenti. Le spese per la manutenzione e riparazione degli argini del fiume venivano sostenute, oltre che dalla comunità nel complesso, dai proprietari delle terre che più degli altri ne traevano beneficio, inclusi gli affittuari perché detentori del dominio utile. La tassa veniva riscossa dall’amministratore della fattoria scaligera.

Fin dal primo periodo del Basso Medioevo quindi, le popolazioni hanno cercato di sfruttare ogni caratteristica del fiume e della campagna ad esso circostante. Tra il secolo XI e il XII le comunità provvidero a disboscare, o “roncare”, largamente e incautamente la campagna e ne resta testimonianza nei nomi di alcuni paesi a sud dell’Adige. Furono, verosimilmente, proprio questi inavveduti interveti a portare ad un aumento della frequenza delle inondazioni nel XV secolo. Si ritrova testimonianza dei tentativi di preservazione degli appezzamenti boschivi da parte del Comune e della Signoria, nelle disposizioni statutarie o nei resoconti processuali dei primi decenni del XIII sec.

A cura della Dott.ssa Claudia Maria Giagnoni


Fonti
  • “Una Città e il suo Fiume- Verona e L’Adige” – Castagnetti A.
  • “Mercanti, società e politica nella Marca Veronese-Trevigiana (secoli XI-XIV)” – Castagnetti A.
  • “L’Adige – il fiume, gli uomini, la storia” – Turri E. e Ruffo S.
  • “Verona – Romana Medievale Scaligera” – Patuzzo M.

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